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La NUOVA di Venezia e Mestre

 

Faro Spignon affidato ai tedeschi ma il suo riuso ora finisce al Tar

di Enrico Tantucci

 

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LIDO. Finirà davanti al Tar del Veneto la vicenda del Faro Spignon sull’omonima isoletta, (160 metri quadrati in tutto) che è situata vicino alla bocca di porto di Malamocco. Dovrebbe diventare una sorta di rifugio per la meditazione circondato dall’acqua – in pratica un miniresort di lusso – secondo quanto previsto dal bando lanciato dall’Agenzia del Demanio all’interno del programma “Valore Paese” che prevede di cedere in affitto, con una gara evidenza pubblica, una ventina di queste strutture in giro per l’Italia per sottrarle al degrado e destinarli a una valorizzazione di tipo turistico, ambientale o ricettivo.

Il Faro Spignon è andato alla società tedesca Floatel GMbH, specializzata nel recupero di lighthouse in Scozia, Spagna e Germania, che ha già valorizzato il Faro di Punta Imperatore a Forio D’Ischia e San Domino nelle isole Tremiti secondo un modello di “rifugio nel faro”, uno spazio di riflessione e raccolta con un approccio minimal e di standard elevato. Il faro ottocentesco, alto 15 metri, serviva le imbarcazioni che giungevano dal porto di Malamocco, trovandosi poco più ad ovest della Bocca. È circondato da altri quattro edifici minori, è ora utilizzato come magazzino e rifugio da pescatori di passaggio. La società tedesca si è appunto aggiudicata per questo periodo di tempo la concessione d’uso per un canone complessivo di 913.726 euro per l’intero periodo. Sono previsti investimenti per la trasformazione a uso residenziale e ricettivo del Faro per 708 mila e 50 euro. Ma a presentare l’offerta migliore dal punto di vista tecnico era stata la società italiana Simerg srl, con il progetto predisposto dall’architetto Francesco Napolitano.

La Simerg ha presentato ricorso al Tar, contestando l’ammissibilità dell’offerta tecnica del vincitore e la congruità del canone offerto. Dal punto di vista il progetto dell’architetto Napolitano – risultato il migliore – prova a mettere in relazione le proporzioni degli elementi architettonici tipici delle facciate dei palazzi veneziani con i sistemi costruttivi delle grandi imbarcazioni mercantili. Quindi guardando frontalmente l’edificio si osservano e le stesse alternanze di pieni e di vuoti della Ca’ d’Oro o del Palazzo Ducale, mentre osservando l’edificio di tre quarti, la sua immagine ricorda la costruzione di uno scafo. La seconda caratteristica consiste nel proporre un’architettura adattabile a diversi usi. Il sistema delle pareti mobili interne rende possibile un utilizzo sia pubblico sia privato degli spazi: quando le pareti separano gli ambienti, l’edificio è utilizzato

a scopo residenziale o turistico, al contrario quando i muri mobili scorrono all’interno degli vani tecnici, lo spazio diventa ampio ed unitario e può quindi ospitare un’attività espositiva. L’ultima parola, comunque, al Tar.

 

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